È ancora presto per poter parlare di sperimentazioni e di piantagioni di tartufo bianco in Italia. Lo ha detto Claude Murat, ingegnere di ricerca dell’istituto francese Inrae e specialista del tartufo e del processo di micorrizazione.
“È prematuro parlare di sperimentazioni o di avvio di piantagioni di tartufo bianco in Italia, anche perché il nostro risultato di studio è stato soltanto ufficializzato martedì scorso. Ho però registrato manifestazioni di interesse in prima persona dopo le mie conversazioni con un centro studio italiano”.
In Francia, pochi giorni fa, c’è stato l’annuncio della realizzazione delle prime piantagioni per la coltivazione del tartufo bianco pregiato, utilizzando piantine prevalentemente micorrizate con T.magnatum.
Secondo l’ingegnere la ricerca francese, iniziata nel 2008, non ha al momento altre prove sul campo al di fuori del territorio transalpino:
“Nel Regno Unito sicuramente fanno piantagioni di tartufo nero, in Gallese, e hanno lo Scorzone Uncinato”.
In Italia, la piantagione di tartufo nero è iniziata negli anni ’70.
Tartufo francese: i pro e i contro per i raccoglitori
L’annuncio della sperimentazione francese è apparsa lo scorso 16 febbraio sulla rivista Mycorrhiza: nel 2019, infatti, sono stati trovati tre tartufi bianchi pregiati nella piantagione della Nouvelole-Aquitaine, nel 2020 addirittura quattro. Questo risultato apre nuove prospettive per un prodotto che finora veniva raccolto esclusivamente nei boschi, in Italia e in altri Paesi europei. Il tartufo bianco pregiato è il grande richiesto dai migliori ristoranti di tutto il mondo.
La soluzione francese potrebbe risolvere l’annoso problema dell’offerta, che spesso non riesce a soddisfare la grande domanda che c’è del tubero. L’altra faccia della medaglia è che se si cominciasse a ‘coltivare’ tartufo, probabilmente ci sarebbero conseguenze negative sui raccoglitori. Secondo Coldiretti, a essere colpiti sarebbero 100 mila raccoglitori ufficiali che ci sono nel nostro Paese.